Editoriale

Maurizio Rossini

Dipartimento di Medicina, Sezione di Reumatologia, Università di Verona

Cari Colleghi

in questo numero ospitiamo, come vedete, due contributi relativi al dibattito su possibili effetti extrascheletrici della supplementazione con vitamina D, in particolare sul diabete mellito tipo 2 (T2DM) e in ambito oncologico.

Noterete che entrambi gli Autori concludono correttamente che complessivamente i trial disponibili non hanno evidenziato risultati significativi su questi fronti, ma essendo stati condotti in popolazioni largamente non carenti, non sono in grado di escludere un effetto protettivo della supplementazione con vitamina D in soggetti carenti, specie se si considera che le sub-analisi relative a questi ultimi suggeriscono effettivamente un effetto positivo.

Notate, ad esempio, come in una post-hoc analisi dello trial clinico randomizzato (RCT) di Pittas et al. ¹ nei pochi partecipanti che avevano livelli circolanti di 25-idrossi-vitamina D3 <12 ng/ml (< 30 nmol/l) al basale, il rischio di sviluppare T2DM risultasse ridotto del 60% in quelli trattati con colecalciferolo rispetto quelli trattati con placebo (hazard ratio (HR) 0,38, 95% IC 0,18-0,80). 

Oppure notate come nello studio condotto in pazienti affetti da tumore al polmone la supplementazione con vitamina D non abbia dato complessivamente i risultati sperati, ma selezionando i pazienti con early-stage adenocarcinoma con bassi livelli di vitamina D la supplementazione abbia in realtà ridotto la mortalità di più del 60% rispetto al placebo (HR = 0,37; 95% IC 0,15-0,95) ². 

Anche il tempo necessario per valutare l’outcome potrebbe essere determinante: notate, ad esempio, come la conclusione negativa del VITAL trial ³ cambierebbe se si escludessero, secondo me ragionevolmente considerando la biologica latenza, i primi 1-2 anni di follow-up: la supplementazione con vitamina D in tal caso dimostra di ridurre significativamente il rischio di morte per cancro del 25% (HR = 0,75; 95% IC 0,59-0,96).

Relativamente alla documentazione di un effetto significativo della supplementazione con vitamina D nei soli soggetti con bassi livelli sierici di 25-idrossi-vitamina D3 al basale, vi ricordo che in letteratura vi sono numerosi altri esempi, sia scheletrici che extrascheletrici 4: nella FIG.1 vedete qualche esempio di diversi effetti della supplementazione su alcuni rischi extrascheletrici a seconda dei livelli sierici basali, bassi o no, nei pazienti supplementati. 

La cosa non ci sorprende 5 visto che la vitamina D agisce come un nutriente, cioè serve quando manca, ma non serve quando non manca …

In conclusione non credo si possa oggi affermare che stiamo sovrastimando i possibili benefici extrascheletrici della supplementazione con vitamina D o che si possano negare, perché il disegno e i risultati dei trial clinici sin qui condotti non ci consentono di escluderli.

Cosa ne pensate?

Buona Lettura

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