Editoriale

Maurizio Rossini

Dipartimento di Medicina, Sezione di Reumatologia, Università di Verona

A causa di questa maledetta pandemia da SARS-CoV-2, che pare non finire mai, non potevamo esimerci da dedicare di nuovo un intero numero della Rivista a un aggiornamento in merito al possibile ruolo della carenza di vitamina D e della sua supplementazione sul rischio di COVID-19. Peraltro continua sul tema un’esuberante produzione scientifica, di entità tale da rendere necessaria una sezione dedicata della selezione bibliografica anche in questo numero.
Notate come i prestigiosi Autori a cui è stato affidato il compito di un update sui rapporti tra vitamina D, immunità e infiammazione e in particolare sul rischio di ammalarsi di COVID-19, giungano, seppur con motivazioni e argomenti a supporto in gran parte diversi, alle stesse conclusioni, onestamente prudenti:

  • “Considerate la mole e l’importanza delle evidenze che si sono sin qui accumulate, diversi studi controllati, randomizzati, in doppio cieco sono in corso… è, quindi, francamente possibile che in tempo ragionevolmente breve possa giungere la conferma del ruolo della vitamina D e del colecalciferolo in particolare, come possibile farmaco che possa coadiuvare nella lotta contro la pandemia generata dal SARS-CoV-2”;
  • “Esistono numerosi segnali secondo i quali la vitamina D potrebbe esercitare un’efficace azione protettiva attraverso la modulazione della risposta immunologica, l’attenuazione della tempesta citochinica e della risposta infiammatoria, la conservazione dell’integrità della barriera epiteliale polmonare e l’azione antitrombotica… Non è tuttavia ancora disponibile un‘evidenza conclusiva circa gli effetti della supplementazione nel paziente COVID-19, in quanto i risultati dei diversi studi osservazionali e dei pochi trial clinici oggi disponibili non sono univoci, pur manifestando nel complesso la tendenza a un effetto favorevole. Le discrepanze tra i diversi studi sono spiegabili in base… Resta dunque chiara la necessità di attendere i risultati degli ulteriori trial tuttora in corso…”.

Alla luce di ciò, secondo me, appare comprensibile e condivisibile la seguente affermazione ribadita nella recente circolare del Ministero della Salute relativa alla gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2, aggiornata al 26 aprile 2021 1: “Si segnala che non esistono, a oggi, evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati) di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina)…”.
Trovo invece che potrà prossimamente essere rivista… o meglio supportata… la conclusione a seguire: “… il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato”. Capisco la preoccupazione del nostro Ministero di non promuovere presunti interventi protettivi, che non garantendo in realtà con certezza una protezione dal SARS-CoV-2, possono magari falsamente indurre comportamenti imprudenti che ignorano le note misure precauzionali per ridurre il rischio di infezione.
Credo tuttavia che la conclusione possa essere mal interpretata come raccomandazione al non uso. Io penso che si possa non raccomandare al non uso solo ciò che può comportare rischi per la salute o che ha evidenze solide e incontrovertibili di inefficacia: non mi pare che a oggi ciò valga per la supplementazione vitaminica D in soggetti carenti, considerati:

  • il ruolo fisiologico immunomodulante della vitamina D, riconosciuto anche dall’Agenzia Italiana del Farmaco nel background della nota 96;
    il presunto coinvolgimento fisiopatologico;
  • i risultati di numerosi studi osservazionali che indicano una possibile associazione tra ipovitaminosi D e rischio di infettarsi di SARS-CoV-2 o di ammalarsi seriamente di COVID-19;
  • il forte razionale e la largamente condivisa esigenza di specifici trial clinici sulla supplementazione con vitamina D, come recentemente concluso anche in una review dedicata della Cochrane 2.

Tutto ciò mi pare generi perlomeno il ragionevole dubbio che non si possa oggi escludere per la vitamina D un contributo nella prevenzione del rischio di contrarre l’infezione COVID-19 e/o delle sue manifestazioni cliniche più severe.
Vi faccio inoltre notare che tra le Fake news del Ministero della Salute, al pari di quella ad esempio secondo la quale “applicare la vaselina o altre creme intorno alle narici, intrappola il virus così non entra nel naso”…, ritroviamo ancora quella pubblicata il 9 aprile 2020 3 che afferma che “la vitamina D protegge dall’infezione da nuovo coronavirus”. Allora quella classificazione come bufala poteva essere giustificata poiché quell’affermazione poteva generare pericolose illusioni, considerato che non vi erano all’epoca sufficienti evidenze scientifiche che la vitamina D potesse giocare un ruolo nella protezione, ma oggi ne siamo ancora sicuri? Non sarebbe saggio oggi escluderla dalle bufale in attesa dei risultati imminenti degli studi clinici controllati, perché ci sono attualmente numerose evidenze scientifiche indirette che inducono a ritenere che la vitamina D possa effettivamente giocare un ruolo nella protezione dall’infezione da nuovo coronavirus o nella prevenzione almeno di alcune sue gravi manifestazioni?
è vero anche che c’è un altro tema di interesse e di attualità non ancora abbastanza esplorato: il possibile effetto dello stato vitaminico D nei confronti della risposta al vaccino e ai diversi vaccini per la prevenzione del COVID-19 e nei confronti dei relativi eventuali effetti collaterali indesiderati.
Dopo aver letto i due articoli e la selezione bibliografica specifica di questo numero Voi cosa ne pensate?

Buona Lettura e statemi bene.

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